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Archive for the ‘Disinformazione’ Category

Pechino si prepara a non ricordare Tiananmen

Posted by milionidieuro su 25 aprile 2009

L’anniversario di Tiananmen (del 4 giugno 1989)è sempre più vicino, e Pechino fa di tutto per non lasciarsi cogliere impreparata da chi potrebbe voler fare luce su una delle pagine più oscure del passato del regime. Da mesi sono in tanti a vociferare che il prossimo quattro giugno qualcosa succederà, e per evitare che questi presentimenti vengano confermati il Partito può muoversi solo in due direzioni: aumentare i controlli nel Paese e stroncare sul nascere il passaparola inasprendo i controlli sui mass media.

È in quest’ottica che va inquadrato l’annuncio del ripristino delle misure antiterrorismo in vigore nel periodo olimpico nell’aeroporto della capitale. I tre terminal di Pechino hanno già ricominciato ad essere guardati a vista da agenti speciali dotati di mitra e cani poliziotto. A sentire il responsabile per la sicurezza aeroportuale, alla luce dei problemi di sicurezza che potrebbero verificarsi nel Paese nei prossimi due mesi, questi agenti sono gli unici in grado di tutelate l’incolumità di chi transita da Pechino. Ancora, speciali apparecchiature a raggi X verranno regolarmente utilizzate per verificare che le automobili parcheggiate nei pressi dello scalo e i bagagli dei passeggeri non contengano esplosivi e sostanze stupefacenti.

Come previsto anche la stampa è stata presa di mira. Le misure di controllo e le sanzioni approvate negli ultmi mesi non sarebbero infatti riuscite, a sentire il massimo organo cinese di censura sui media, la General Administration of Press and Publication, a eliminare la piaga della diffusione di “notizie false”. Per risolvere definitivamente il problema, l’ufficio governativo incaricato di monitorare la veridicità degli articoli che circolano sulla stampa in Cina ha annunciato che da oggi chi pubblicherà notizie false sarà ritenuto il principale responsabile del reato e costretto a presentare scuse pubbliche, mentre i giornalisti scorretti rischieranno di essere radiati dalla professione. In realtà, quello che si chiede ai cronisti cinesi è di raccontare solo le notizie divulgate dalle agenzie di stampa nazionali, indipendentemente dal fatto che si voglia descrivere un episodio di politica estera, interna o scrivere un commento economico. D’altronde, non va dimenticato che per il Partito i media non devono informare, ma collaborare con le autorità al consolidamento della “società armoniosa”.

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INTERVeNTI TEMPESTIVI : Abruzzo, il terremoto del 1915 e le baracche dimenticate

Posted by milionidieuro su 21 aprile 2009

In quattromila vivono ancora nelle “casette asismiche” costruite per gli sfollati del sisma di un secolo fa

BALSORANO (L’Aquila) – Niente riscaldamento, niente gabinetto, niente pavimento, la luce quella sì, ma una sola lampadina per un totale di metri quadri 32. Ai genitori di Rosa Margani dissero di portare pazienza, perché quella sarebbe stata una sistemazione provvisoria. Giusto il tempo di ricostruire la loro casa, buttata giù dal terremoto che nel 1915, qui nella Marsica, fece trentamila morti. È passato quasi un secolo ma la signora Rosa, 82 anni, è ancora qui, dentro queste due stanze buie ed umide vicino al castello di Balsorano. Non è la sola. Sono quattromila le persone che in Abruzzo vivono ancora nelle cosiddette casette asismiche, i rifugi costruiti per gli sfollati del terremoto di un secolo fa. Asismiche cioè sicure (per l’epoca) perché ad un solo piano e con il tetto in travi di legno. E provvisorie, anzi «baracche realizzate a titolo precario» come assicurava il decreto firmato l’11 febbraio 1915 dal Re Vittorio Emanuele III.
COME UN ACCAMPAMENTO – Certo, nel corso degli anni molte baracche sono state demolite, quasi sempre sostituite da case popolari. Ma dei circa diecimila esemplari costruiti tra il 1916 e il 1920 ne restano in piedi ancora 1.066 sparsi in 38 comuni, da Avezzano a Balsorano passando per tutta la Conca del Fucino. Tetto spiovente, muri sottili di mattoncini, struttura a castrum romano con le due strade principali che si incrociano al centro, l’immagine è proprio quella di un accampamento. Qualcuno, capendo che la provvisorietà era solo teorica, negli anni ha sistemato le cose ricavando almeno un bagno. Come la signora Angela De Meis che un anno fa ha trasformato la sua baracca di Capistrello in un appartamentino vero e proprio. «Ho messo i termosifoni e adesso vorrei comprare pure la parabola» dice, mentre aspetta di scolare la pasta. La sua vicina di casa, la signora Letizia, si accontenta di una stufa a legna che non ha l’aria di essere proprio a norma. Ma spesso le condizioni sono quelle di un secolo fa e quasi sempre a viverci sono persone anziane.

«NON PENSAVO DI FINIRE A VIVERE COSÌ» – Come il signor Andrea Venditti, 71 anni, tornato nella sua baracca di Balsorano, dopo 30 anni passati a fare il cuoco in Inghilterra: «Davvero non pensavo di finire a vivere così, ma con 500 euro al mese di pensione cosa devo fare?». Ecco, le baracche di un secolo fa almeno sono economiche. Tre euro al mese per ogni stanza, il tutto da pagare al comune. Una somma che non basta a coprire nemmeno per gli interventi urgenti di manutenzione. «Noi le vorremo abbattere – dice Gino Capoccitti, vice sindaco di Balsorano – ma la gente che ci vive dentro dove la mandiamo?». Sono almeno 40 anni che se ne parla. Inutilmente. Nel 1971 per iniziativa del senatore Giuseppe Fracassi, che proprio in una delle casette asismiche era nato, venne approvata la “legge per lo sbaraccamento”. Abbattimento di tutte le casette, sostituzione con edilizia popolare e spazi verdi. Cosa buona e giusta ma rimasta sulla carta perché la legge non è mai stata finanziata davvero. Servirebbero 50 milioni di euro per riqualificare tutte le 1.066 baracche ancora in piedi.

L’ULTIMO STANZIAMENTO E L’ARRESTO DI DEL TURCO – L’ultimo stanziamento, 800 mila euro, era allo studio della giunta regionale quando l’arresto del presidente Ottaviano Del Turco, meno di un anno fa, ha travolto tutto. «Questa gente è costretta a campare in condizioni da terzo mondo», allarga le braccia Marco Riccardi, segretario della federazione marsicana di Rifondazione comunista. Come la signora Rosa, che non dimentica quella promessa fatta ai suoi genitori: questione di mesi, poi avrete la vostra casa. Era un secolo fa.

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Amianto, 500mila i morti annunciati per i primi trent’anni del secolo e A L’AQUILA E NEI COMUNI COLPITI DAL TERREMOTO???

Posted by milionidieuro su 21 aprile 2009

300 bare. 300 nomi. Uccisi, ma non dal terremoto. Dalle case assassine. Costruite rubando sui materiali, rubando sulla sicurezza. Uccisi dall’edilizia selvaggia, da parcheggi sotterranei ricavati erodendo le fondamenta degli edifici. Da chi doveva vigilare e non ha vigilato. Da chi doveva fermare i lavori e non è intervenuto. Da una causa rimasta pendente, da una condanna che non è mai arrivata.
300 cadaveri, disposti in file ordinate davanti al Presidente del Consiglio. 300 altri, disposti alla rinfusa, sotto alle macerie. In Irpinia furono coperti da colate di cemento, per evitare epidemie. Verranno fuori tra duemila anni, come a Pompei.
Nel frattempo, altri se ne andranno. Molto prima, forse tra venti o trent’anni. Quando meno se lo aspettano, implacabilmente, inesorabilmente. Con tutta probabilità, inspiegabilmente.
L’eternit è un materiale isolante fatto con l’amianto. L’amianto è un minerale fibroso, i cui filamenti sono così leggeri da restare in sospensione nell’aria per molto tempo, e sono così piccoli da avere un diametro inferiore a quello che le nostre vie respiratorie sono in grado di filtrare. Basta inalarne uno, uno solo. Poi, non resta che aspettare. Le patologie connesse si sviluppano anche dopo venti o trent’anni. Si chiamano abestosi, mesotelioma, carcinoma polmonare, e sono tutte mortali.
Nei giorni successivi al sisma, i comuni colpiti erano polveriere di calce ed altri materiali finemente triturati. A fine giornata, il sapore di calcinacci e muratura rimaneva nella gola e nei polmoni.
Quanti degli edifici crollati avevano un tetto in eternit? Almeno il 20, 30%. L’aria era satura di amianto.
Dal momento del crollo in poi, ogni respiro a L’Aquila e dintorni è stato una probabile condanna a morte. I sopravvissuti, i soccorritori, i giornalisti, gli operatori, le forze dell’ordine e i parenti accorsi alla disperata ricerca di notizie dei loro cari, …tutti.

Saranno i prossimi a morire…..

I numeri sono allarmanti: 90.000 morti l’anno secondo la rivista scientifica The Lancet; 500.000 quelli annunciati per la sola Europa nei primi 30 anni del XXI secolo. Eppure non sono bastate queste cifre, terrificanti, per convincere la Commissione europea ad imporre un divieto totale e definitivo sull’utilizzo dell’amianto, la cui pericolosità è legata a una serie di minerali letali per l’essere umano.
Queste sostanze finiscono in decine e decine di oggetti o strutture con le quali ogni giorno veniamo a contatto. Dai freni a disco ai tostapane, dai materiali da costruzione navale agli edifici privati e pubblici (come le scuole). La nocività dell’amianto è stata accertata dal 1906, ma ci sono voluti decenni per convincere alcuni governi a metterlo al bando. E la strada è ancora tutta in salita.
L’u
ltimo colpo di scena risale al 18 e 19 febbraio scorsi. A Bruxelles si doveva decidere per una regolamentazione sull’utilizzo di alcune sostanze chimiche sul mercato europeo (tra cui le fibre di amianto). Francia, Italia, Belgio e Paesi Bassi si sono pronunciati per un’immediata decisione in merito, ma la maggior parte dei rappresentanti degli Stati membri ha votato a favore di una deroga (rifacendosi a una decisione presa nel 2007 da un gruppo di lavoro della Direzione Generale Imprese della Commissione europea per prolungare, appunto, la derogazione sull’amianto). In sostanza: un nulla di fatto che lascia invariata la situazione e fa slittare le decisioni ad un momento ancora da definire.
“La deroga proposta dalla Commissione europea deve passare il vaglio del Parlamento Ue, che ha tempo sei mesi per pronunciarsi” spiega Laurent Vogel, direttore del dipartimento Salute e sicurezza dell’Istituto sindacale europeo. “Di mezzo però ci sono le elezioni europee di giugno. E il rischio è quello di vedere i dibattiti prolungarsi in eterno. Se la deroga dovesse essere concessa, gli Stati membri chiederanno di fare di nuovo il punto della situazione nel 2012″. E visti i tempi della burocrazia europea, “rischiano di pronunciarsi in maniera definitiva non prima del 2015″.

Per Eric Jonckheere, fondatore della Abeva, associazione per sensibilizzare l’opinione pubblica al pericolo dell’amianto, la delusione è stata immensa. “Non posso credere che all’alba del XXI secolo ci siano governi europei disposti a piegarsi di fronte al mondo industriale su una vicenda così grave” ha spiega Jonckheere . “Se questa deroga dovesse passare, ai 500.000 morti annunciati in Europa entro il 2030 se ne aggiungeranno altre decine di migliaia negli anni succesivi”, ha spiegato. “Io e la mia famiglia siamo cresciuti a Kapelle-Op-Den-Bos, dove mio padre lavorava come ingegnere della multinazionale belgo-svizzera Eternit, la stessa che ha mandato al macello i lavoratori di Casale Monferrato, Cavagnolo (Torino), Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia)” sottolinea Jonckheere, e aggiunge “L’amianto dell’Eternit ha spazzato via la mia famiglia”. Le confidenze di Jonckheere a sono preziose, perché illustrano gli effetti devastanti di un prodotto “che non uccide soltanto le persone che lavorano all’interno di una fabbrica, come mio padre, ma anche coloro che vi entrano in contatto. Sebbene non avesse mai lavorato nello stabilimento dell’Eternit, mia madre (morta nel 2000 all’età di 63 anni, ndr) è il primo caso in Belgio di vittima ambientale”. Dopo di lei, sono morti altri due fratelli: “il primo a 43 anni, il secondo un mese fa, 44 anni appena compiuti”.
È proprio il dolore per le perdite dei familiari che ha spinto Eric Jonckheere a fondare un’associazione senza scopo di lucro. “Con Abeva cerchiamo di sensibilizzare non soltanto l’opinione pubblica ma anche la nostra classe politica sui rischi di salute pubblica che l’amianto fa planare sui lavoratori e i cittadini. E cerchiamo di insistere sulla necessità di assistere le vittime di oggi e di domani. Pochi lo sanno, ma in futuro l’asbestosi farà più vittime del tabacco. Ecco perché la deroga che la Commissione europea intende concedere ai gruppi industriali va combattuta”.
La battaglia si annuncia lunga e difficile. Le multinazionali hanno il vento in poppa. “Dow Chemical, Solvay e Zachem possono contare sul supporto di altri tre gruppi industriali, due svedesi e un bulgaro” spiega Vogel. “Purtroppo le attività lobbyistiche hanno ridotto la capacità della Commissione a decidere in maniera indipendente”, come proverebbero anche fonti confidenziali. “Alcuni gruppi hanno speso somme importanti per la ricerca di materiali e di processi di sostituzione all’amianto” si legge tra i commenti rilasciati da esperti della Commissione a rappresentanti della società civile. “Dow (Chemical)” ad esempio, “ha speso 200 milioni di euro. La Commissione può prendere una misura di interdizione se è provato che esiste un rischio” nel caso della produzione di cloro. “Tuttavia, gli Stati, gli industriali e i sindacati sono d’accordo per dire che non vi è alcun rischio”. Non solo. “C’è chi, come Solvay, ha addirittura trovato un’alternativa all’amianto nei suoi stabilimenti americani, ma non in Europa!” tuona Jonckheere. “Oggi questi gruppi approfittano della crisi economica per dire che il passaggio a una produzione pulita costa troppo. Ma i governi non si rendono conto che i costi per curare nei prossimi anni i malati di tumore o di meotelioma saranno nettamente superiori!”.

Quella dell’amianto è una vicenda che dura ormai da troppo tempo. Il primo divieto europeo risale al 1999, quando una direttiva Ue vietò la produzione e l’introduzione sul mercato comunitario delle fibre serial-killer a partire dal 1 gennaio 2005. L’unica eccezione fu quella concessa ai diaframmi utilizzati per la fabbricazione del cloro. Questa deroga, limitata a tre anni (fino al 1 gennaio 2008), doveva essere transitoria, il tempo necessario per i gruppi industriali chiamati in causa di trovare alternative ‘pulite’ al processo di produzione. Da allora, la maggior parte delle multinazionali hanno trovato una soluzione, salvo tre: Dow Chemical (Stati Uniti), Solvay (Belgio) e Zachem (Polonia).
Oggi le prospettive sono torbide. Per Vogel, “gli Stati membri si sono dimostrati troppo compiacenti con il mondo dell’industria. A parte la Francia, appoggiata dal Belgio e dai Paesi Bassi, gli altri, a cominciare da Germania, Regno Unito e Polonia, non hanno fatto nulla per opporsi alla deroga, anzi”. E l’Italia? “Nelle riunioni di dicembre scorso gli esperti italiani mandati dal vostro ministero della Sanità mi sembravano molto incerti, anche perché non erano molto preparati. Da allora, le cose sono cambiate e l’Italia ha sostenuto la Francia”. Ma i conti rischiano comunque di essere salati. Oltre alla deroga sulla produzione e importazione, c’è in ballo la possibilità di introdurre sul mercato europeo materiali contenenti amianto e in uso prima del 1 gennaio 2005. “In questo caso” sottolinea Vogel,la Commissione lascia a ogni Stato membro la libertà di concedere o meno delle deroghe”. Problema: “se la Polonia accetta l’importazione di materiale dalla Russia o dal Canada, ovvero dai due più grandi ‘produttori’ di amianto al mondo, c’è il rischio che questo materiale finisca sul mercato europeo, ivi incluso l’Italia”, spiega Vogel. Il che significa altre vittime supplementari tra i prossimi 20 o 40 anni.

Dal dopoguerra al 1992, anno in cui l’Italia ha deciso di vietare l’amianto, circa 3,7 milioni di tonnellate sono entrate nella composizione di oltre 3.000 prodotti diffusi nel nostro paese. L’effetto è quello di una bomba ad orologeria. Secondo gli pneumologi italiani, ogni anno, nel nostro Paese, 3.000 persone sono uccise da asbestosi (malattia polmonare cronica conseguente all’inalazione di fibre di amianto o asbesto): 1.000 per mesotelioma, 1.500 per tumore pulmonare, gli altri per tumori rintracciati in altri parti del corpo. Nonostante questi dati, il lavoro da fare sulla via delle restrizioni all’utilizzo dell’amianto sembra ancora in una pericolosa fase di stallo.

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terremoto: UN BLUFF ??????? SPERIAMO

Posted by milionidieuro su 10 aprile 2009

Alla protezione civile sanno

Non posso scavare sotto alle macerie da solo. Non posso farvi vedere quello che c’è sotto. Non posso dirvi quanti morti ancora siano tumulati insieme ai loro giacigli di fortuna, occupati abusivamente in abitazioni mai messe in sicurezza, nonostante quattro mesi di attività sismica continuativa, nonostante lo stesso sindaco Cialente fosse a conoscenza del fatto che L’Aquila è devastata da un grande terremoto più o meno ogni trecento anni, e l’ultimo si sia verificato nel 1705.


Non posso portarvi le prove del fatto che il 90% dei contratti di affitto nel centro storico dell’Aquila fossero in nero. Verba volant. Chi sa che sotto le macerie c’era qualcuno che non c’era tace.

Tutto quello che posso fare è girare, con la mia videocamera, guardare attentamente, parlare con la gente, tenere gli occhi e le orecchie ben aperti, essere pronto ad avviare la registrazione. Con qualsiasi mezzo: un dito, una nocca, il cappuccio di una penna. Davanti alle telecamere certe cose non te le dice nessuno. Ma dietro all’obiettivo…

La conversazione che potete ascoltare nel video è avvenuta all’interno della base operativa della protezione civile, ricavata all’interno del Comando Scuola Sottofficiali della Guardia di Finanza, a L’Aquila. Chi parla è un’operativo con mansioni di livello, coinvolto nelle operazioni di recupero.

Sono molte le cose che non posso fare. Ma posso farvi ascoltare questo.

http://www.byoblu.com

Il censimento impossibile degli immigrati “invisibili”

Sono gli ‘invisibili’, quelli il cui nome da vivi era conosciuto solo da pochi e forse un nome non l’avranno neanche da morti. È una tragedia nella tragedia quella degli stranieri regolari e irregolari di cui non si hanno più notizie dalla tremenda scossa delle 3,32 di lunedì, quando il terremoto ha colpito al cuore l’Aquila e l’Abruzzo.
IL CENSIMENTO – È la comunità albanese e macedone a pagare il prezzo più alto della tragedia con vittime e dispersi. Un conto, purtroppo ancora provvisorio. La maggior parte degli stranieri nella città delle tende sono muratori macedoni, albanesi e romeni. In questi giorni si sono letteralmente contati, cercando di avere notizie attraverso i cellulari e rivolgendosi agli operatori del soccorso. Uno di loro ha scritto sulla mano di un bimbo albanese un numero di cellulare, mentre un altro ha perso a San Gregorio la figlia di 13 anni. Altri, raccontando sotto le tende o nei parcheggi trasformati in dormitori, hanno aiutato le persone in difficoltà, mentre equipe di psicologi al lavoro nei campi degli sfollati in queste ore raccolgono il dramma delle famiglie degli immigrati.
SOTTO LE MACERIE – Anche moldavi e africani da anni sono insediati nei centri storici di Poggio Picenze, Paganica, San Gregorio, Petogna. “Vicino l’abitazione di mio padre – raccontava dopo la prima, terribile scossa, un giovane della frazione di Paganica- abitava una famiglia dell’Est. La casa è andata distrutta, ma di loro non ne sappiamo nulla. Spero siano vivi”. Immigrati non integrati e forse anche qualche clandestino potrebbero sfuggire alle stime dei comuni e della Protezione civile.
iltempo.ilsole24ore.com

OGNUNO SI FACCIA LA SUA OPINIONE

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Terrremoto: I morti che non vi dicono…

Posted by milionidieuro su 9 aprile 2009


Il centro storico dell’Aquila è da abbattere e ricostruire. E questo lo dicono in tanti. I morti, i feriti e gli sfollati sono stati contati, più o meno precisamente. E questo lo dicono tutti. Adesso vi dirò qualcosa che non dice nessuno.

Gli scantinati e i seminterrati del 90% del centro storico erano stati affittati. In nero. Dentro c’erano clandestini, immigrati, extracomunitari. Ammassati come bestie. Ci sono ancora. Centinaia di persone che non risultano all’anagrafe, che non compaiono nelle liste dei dispersi, che non esistono. I proprietari delle case che si sono messi in salvo non ne denunciano la presenza. Non gli conviene. Nessuno li cerca. Nessuno li piange. Da vivi non esistevano, non esistono neppure da morti. Spazzati via di nascosto, come la polvere sotto al tappeto. In fondo, perchè darsi tanta pena per loro? Una tomba ce l’hanno già. E questa volta non gli è costata niente. Gliel’abbiamo data gratis.

All’Aquila sono in molti a saperlo. Ora, lo sapete anche voi.

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LA CASSANDRA DEI TERREMOTI ??? La denuncia di Giuliani: "Io lo avevo previsto" Bertolaso: "Impossibile"

Posted by milionidieuro su 7 aprile 2009

«Ho vissuto la notte più terribile della mia vita, sono sfollato anch’io. Questi scienziati canonici, loro lo sapevano che i terremoti possono essere previsti. Il sisma di ieri poteva essere “visto” se ci fosse stato qualcuno a lavorare o si fosse preoccupato».
Il ricercatore abruzzese Giampaolo Giuliani è l’uomo del giorno. È lui il «pazzo», il «visionario» che aveva anticipato l’arrivo del «terremoto disastroso», con l’unico risultato di guadagnarsi una denuncia per procurato allarme e l’appellativo di «imbecille». Ieri sul web e via sms lo studioso, rispondendo alle domande di chi non crede al suo «precursore sismico», ha lanciato durissime accuse contro i «professionisti» della scala Richter.

Ma i terremoti si possono prevedere o no?
«Sì, si possono prevedere. Io l’ho fatto e per questo ora rischio di finire in galera».
In galera per aver diffuso «notizie false».
«I fatti hanno dimostrato invece che il mio allarme era fondato. E la gente comune l’ha capito».
Ma lei aveva profetizzato che il terremoto avrebbe scosso la terra il 29 marzo a Sulmona.
«Cosa che puntualmente è accaduta, anche se non con la forza di ieri».
Ma poi lei aveva corretto la sua prima previsione, dicendo: «Mi sento di poter tranquillizzare i miei concittadini…».
«Rispetto alla mia previsione il peggio si è scatenato con una settimana di ritardo».
La riprova che i terremoti non possono essere previsti.
«Non è così, La scossa di ieri poteva essere prevista anche con gli strumenti tecnici usati abitualmente da chi contesta il mio metodo».
E allora come mai l’allarme non è scattato?
«Perché chi è preposto al monitoraggio della situazione non era al suo posto, oppure non ha capito nulla».
Non è vero, l’unità di crisi si è riunita più volte.
«Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti…».
Facile parlare quando la tragedia è già accaduta.
«Sono 10 anni che noi riusciamo a prevedere eventi di questo tipo in una distanza di 100-150 chilometri da noi».
Qual è il suo metodo?
«La “capacità predittiva” è basata sull’analisi di un gas radioattivo, il radon, che si libera dal sottosuolo quando le faglie vengono attivate e il gas trova una via di fuga giungendo in superficie».
Da giorni lei parlava di «un forte aumento di radon, al di fuori della soglia di sicurezza».
«E forti aumenti di radon segnalano forti terremoti. Due notti fa il mio sismografo denunciava una forte scossa di terremoto e ce l’avevamo online. Tutti potevano osservarlo e tanti l’hanno osservato».
Ma l’Istituto di Geofisica e Vulcanologia ribadisce in un comunicato ufficiale: «Si sottolinea la circostanza secondo la quale, allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile realizzare una previsione deterministica dei terremoti».
«Falso. Il mio “precursore sismico” arriva ad anticipare il verificarsi di un terremoto fino a 6-24 ore prima».
In quale occasione ha verificato l’efficacia della sua tecnica?
«Nel 2001 stavamo osservando il misuratore di particelle cosmiche presso l’Istituto quando, in corrispondenza del terremoto in Turchia, rilevammo una quantità straordinaria, rispetto al solito, di radon».
Dal 2001 in poi come è evoluta la sua ricerca?
«Ho impiegato quasi 2 anni per realizzare da solo uno strumento in grado di rilevare il radon, iniziai ad osservarlo ed a studiarlo, e con l’aiuto di un sismografo mi resi conto che la concentrazione di radon aumentava in corrispondenza di un evento sismico».
Poi cos’è accaduto?
«Nel 2002, in corrispondenza del terremoto di S. Giuliano, registrammo valori 100 volte maggiori alla norma, ma disponendo di un solo precursore sismico eravamo in grado di emanare un allarme per un evento sismico che distava più di 50 km da L’Aquila, senza poter fornire altre informazioni circa la collocazione o la direzione dell’evento stesso. Oggi con 5 precursori saremmo in grado di essere molto più precisi, “triangolando” i dati e i segnali di concentrazione del radon».
da ilgironale

Intanto l’Italia del volontariato si sta muovendo con ogni mezzo possibile, come il Wwf che per aiutare le famiglie sfollate ha messo a disposizione foresterie e i centri visite sparsi nelle oasi abruzzesi. Ma come aiutare gli sfollati del terremoto d’Abruzzo?
Panorama.it pubblica una lista di associazioni autorizzate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a partecipare agli interventi di soccorso.

Associazione guide e scouts cattolici italiani 06/68166236

Associazione nazionale alpini 0773/1875164 oppure 02/6592364

Associazione nazionale carabinieri 06 /36000804

Associazione nazionale pubbliche assistenze 055 /7874536

Associazione nazionale vigili del fuoco in congedo 06 /76983385

Associazione nazionale vigili del fuoco volontari 02/6692192

Cives – coordinamento infermieri volontari per l’emergenza sanitaria 055/355648

Cisom Corpo italiano di soccorso ordine di malta 06/45440764

Confederazione nazionale delle misericordie d’Italia 055/ 3261261

Corpo nazionale giovani esploratori ed esporatrici italiani 06/83769051 oppure 0761/498041

Federazione italiana ricetrasmissioni 02 /45495688 oppure 02/8057446

Legambiente 06/86218474

Psicologi per i popoli 0465/322071

Prociv – Arci Associazione nazionale volontari per la Protezione civile 06/23328358

Ucis – unità cinofile italiane da soccorso 030/9921827 oppure 0364/45522

Unitalsi 06/6781421

Per donazioni:
Caritas
C/C POSTALE n. 347013
o tramite UNICREDIT BANCA DI ROMA S.P.A.
IBAN IT38 K03002 05206 000401120727
Causale: “TERREMOTO ABRUZZ
Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui:
Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma – IBAN: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012
Allianz Bank, via San Claudio 82, Roma – IBAN: IT26 F035 8903 2003 0157 0306 097
Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – IBAn: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113

Caritas Ambrosiana
C/C POSTALE n. 13576228 intestato a Caritas Ambrosiana ONLUS
C/C BANCARIO n. 578 – Cin P, ABI 03512, Cab 01602 presso l’ag. 1 di Milano del Credito Artigiano e intestato a Caritas Ambrosiana ONLUS
IBAN: IT16P0351201602000000000578
Causale: “TERREMOTO ABRUZZO 2009″

Croce Rossa Italiana
C/C BANCARIO n° 218020 presso: Banca Nazionale del Lavoro-Filiale di Roma Bissolati
Tesoreria – Via San Nicola da Tolentino 67 – Roma
intestato a Croce Rossa Italiana Via Toscana, 12 – 00187 Roma.
IBAN: IT66 – C010 0503 3820 0000 0218020
Causale: “PRO TERREMOTO ABRUZZO”

C/C POSTALE n. 300004
intestato a: “Croce Rossa Italiana, via Toscana 12 – 00187 Roma
c/c postale n° 300004
Codice IBAN: IT24 – X076 0103 2000 0000 0300 004
Causale: “PRO TERREMOTO ABRUZZO”
È anche possibile effettuare dei versamenti online attraverso il sito web della CRI.
Fonte: Panorama

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