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Il Paese peggiore per fare il blogger?

Posted by milionidieuro su 4 Maggio 2009

Il Paese peggiore per fare il blogger oggi è la Birmania, dove l’anno scorso il comico, regista e attivista Maung Thura, alias Zarganar (“pinzetta”), è stato condannato a 59 anni di carcere per aver messo in cattiva luce la giunta militare diffondendo su Internet immagini video della distruzione causata dal ciclone Nargis, e dove l’accesso alla Rete fu bloccato nel 2007, quando fu usato per diffondere informazioni sulla rivolta contro il regime.

L’ELENCO – In occasione della Giornata mondiale per la libertà di informazione, oggi, 3 maggio, l’organizzazione americana Committee to Protect Journalists” (Cpj), che difende i diritti dei giornalisti nel mondo, ha pubblicato un rapporto sui 10 Paesi peggiori per i blogger. Nel 2008, per la prima volta, il numero di blogger e giornalisti online incarcerati ha superato quello di giornalisti della carta stampata e della tv che si trovano in prigione. «I blogger sono l’avanguardia della rivoluzione dell’informazione», secondo Cpj. «Ma i governi stanno imparando rapidamente come usare la tecnologia contro di loro per censurare, filtrare, limitare l’accesso a Internet… E quando tutto il resto fallisce, le autorità semplicemente incarcerano alcuni blogger per intimidire il resto della comunità online e spingerla così al silenzio e all’autocensura».

CRITERI – Tra i criteri usati per redigere la lista: l’uso di tecnologie per il controllo della Rete, la repressione attraverso le leggi e il carcere. Nella lista, al secondo posto dopo la Birmania c’è l’Iran, dove «i blogger che scrivono in modo critico a proposito di figure religiose o politiche, della Rivoluzione islamica e dei suoi simboli sono regolarmente detenuti o sottoposti ad abusi». Uno di loro, Omidreza Misrayafi, è morto in circostanze misteriose lo scorso marzo nella prigione di Evin. Segue la Siria, dove dal 2008 i proprietari di cybercafé devono fornire informazioni sui clienti e dove Waed al-Mhana, un giornalista difensore dei siti archeologici a rischio, è sotto processo per aver criticato su web la demolizione di un antico mercato di Damasco. Quarto posto: Cuba, dove ci sono al momento 21 blogger in carcere. Quinta l’Arabia Saudita, che blocca l’accesso a circa 400mila siti web. Vietnam, Tunisia e Cina applicano rigidi controlli e censura sulla rete. Al nono posto, il Turkmenistan: il primo centro per l’accesso a internet è nato nel 2007 e, inizialmente, a sorvegliare i clienti erano stati schierati i soldati; poi le autorità hanno continuato a bloccare l’accesso dei dissidenti a internet e monitorare la posta elettronica. Il decimo paese nella lista di Cpj è l’Egitto, dove oltre 100 blogger sono stati incarcerati solo nel 2008. La maggior parte sono stati rilasciati dopo breve periodo, alcuni sono rimasti in prigione per mesi. Diversi dicono di aver subito maltrattamenti e alcuni di essere stati torturati. In prigione dal 2007 c’è il blogger Karim Amer, condannato a 4 anni per aver insultato l’Islam e il presidente egiziano Hosni Mubarak.

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TESTO UNICO, SICUREZZA, RESPONSABILITA’ E FACCE TOSTE DA COMPETIZIONE

Posted by milionidieuro su 22 aprile 2009

“Cosa fareste se fossero stati i vostri figli ad essere ammazzati e bruciati?”. Così si conclude la lettera che i parenti dei sette operai morti 18 mesi fa nell’incendio dell’acciaieria Thyssen hanno scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in questi giorni a Torino

“Siamo in attesa di vedere la nuova scrittura della norma”. Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rispondendo ai giornalisti sulla contestata norma che rischia di cancellare l’accertamento delle responsabilità dei manager della Thyssenkrupp.

Quei dubbi sulla norma “Conosco la questione – ha detto Napolitano, durante la visita alla Reggia di Venaria – e l’ho seguita. Anche prima c’era la preoccupazione per quella norma, l’avevamo espressa subito. In ogni caso prendo atto che questa mattina il ministro Sacconi si è dichiarato pronto a riscriverla per evitare interpretazioni che non sono state volute e che sarebbero pesanti anche agli effetti del processo Thyssen”. ( speriamo bene ….)

Damiano: bene così “Condividiamo la dichiarazione del presidente della Repubblica che ancora una volta dimostra la sua attenzione ad un tema delicato come quello della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro(infatti non aveva avuto ancora il tempo per leggere l’ennesimo ABUSO e non aveva neppure sentito nessuna critica… ). È la dimostrazione di un costante impegno morale, civile e sociale a favore dei lavoratori e della loro dignità”. Lo dice il responsabile lavoro del Pd Cesare Damiano. “Anche noi – sottolinea – auspichiamo che la riscrittura delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro promessa dal ministro Sacconi, sgombri definitivamente il campo da una lettura negativa del provvedimento del governo. Soprattutto in questo momento le tutele dei lavoratori non possono essere abbassate”.

IERI IL MANIFESTO USCIVA CON QUESTO ARTICOLO:

Il lodo ThyssenKrupp, licenza di uccidere
di Loris Campetti, Il manifesto, 21 aprile 2009

Se un muratore cade da un’impalcatura e si frattura le gambe – o se un operaio muore bruciato in acciaieria – è per colpa sua: si è distratto, non ha rispettato le norme di sicurezza. Quante volte ci hanno raccontato questa favoletta, i padroni. Ogni volta che c’è un infortunio sul lavoro, ogni volta che un lavoratore perde la vita, loro hanno le mani pulite come i democristiani raccontati da Francesco Rosi in «Mani sulla città». Se non è colpa del destino cinico e baro, è colpa sua. Ma nel paese europeo in cui si uccide di più chi crea la ricchezza per la collettività, finalmente erano arrivate norme serie per individuare tutti i livelli di responsabilità nel ciclo lavorativo. Norme che affermavano il principio per cui la responsabilità prima risiede in chi sta sullo scalino più alto della catena di comando, che è poi chi ha il potere di spesa e di decisione per rendere sicuri gli impianti e i processi lavorativi. La prassi giudiziaria, corroborata dalla Cassazione, confermava questa tesi.

I tempi, però, sono cambiati. Si sono spenti i riflettori sulla ThyssenKrupp, sul lavoro si continua a morire come e più di prima ma le vittime sono tornate invisibili. Se non ne muoiono sette alla volta, o almeno tre nello stesso posto, non c’è notizia. Poi al governo è tornato Berlusconi, il presidente imprenditore che non può restare insensibile al grido di dolore dei suoi colleghi, quando denunciano gli alti costi del nuovo Testo unico sulla sicurezza che ha visto la luce durante il governo Prodi sull’onda dell’emozione creata dalla stage di Torino. Così, ecco pronto il nuovo Testo, una controriforma che ci ributta indietro di anni, a tanti morti fa quando la colpa era sempre dell’operaio, mai del padrone e dei suoi manager. In una sorta di vendetta berluscon-marcegagliana, le multe per il mancato rispetto delle norme da parte dell’impresa diminuiscono e di carcere, di fatto non si parla più. Licenza di uccidere, e non siamo in un film ma in fabbrica e nei cantieri.

Non basta, bisogna introdurre la norma per liberare i top manager dalle loro responsabilità. Detto fatto, se ci sono sottoposti coinvolti nella stessa inchiesta, la responsabilità ricadrà su di loro, loro andranno sotto processo, ammesso che non ci sia qualcuno ancora più in basso su cui scaricare il fastidio, fino ad arrivare alla base della piramide: l’operaio, sempre che non sia bruciato in acciaieria. Peggio del lodo Alfano, che dichiara non processabili i vertici dello stato ma solo per la durata del mandato.

Non basta ancora. Bisogna far saltare i processi in corso in cui sono imputati gli alti vertici industriali. Detto fatto, il Testo unico che una volta varato dal governo entrerebbe immediatamente in vigore, avrebbe effetto retroattivo. L’effetto ammazza-processi, quello ThyssenKrupp in primis, annullando il lavoro certosino del giudice Raffaele Guariniello, colpevole di aver risalito l’intera catena di comando, individuando i livelli crescenti di responsabilità.

Il lodo ThyssenKrupp si può e si deve fermare, anche se il tempo stringe. Altrimenti, al prossimo funerale operaio i sopravvissuti potrebbero non limitarsi a buttare giù per le scale della chiesa solo le corone di fiori dei loro padroni.

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LIBERTA’ DI STAMPA ??

Posted by milionidieuro su 21 aprile 2009

“La mancanza di libertà di stampa in Italia è una questione europea”
Pubblicato domenica 19 aprile 2009 in Spagna
[El Pais]

Tabucchi denuncia il controllo dell’informazione da parte di Berlusconi

Antonio Tabucchi (Pisa, 1943) è “molto preoccupato per il clima di censura e per gli attacchi alla libertà di stampa” che vive il suo paese. Secondo l’autore di Sostiene Pereira, un “grande velo di silenzio minaccia di coprire tutto” in Italia, dato il “controllo crescente e grottesco dell’informazione esercitato dal Governo di Silvio Berlusconi”. Tabucchi chiede ai giornalisti italiani di ribellarsi e di denunciare la situazione al Consiglio Europeo, affinché questo “prenda provvedimenti urgenti”.
Il detonatore è stata la censura da parte della Commissione di Vigilanza della RAI, questa settimana, contro il programma Annozero, diretto da Michele Santoro. Il suo vignettista satirico, Vauro, ha disegnato una vignetta che mette in relazione il nuovo Piano Casa dell’Esecutivo con l’elevato rischio sismico del paese dopo il terremoto in Abruzzo ed è stato sospeso dal programma. Dopo le critiche lanciate da Berlusconi e da Gianfranco Fini, Santoro è stato obbligato a trasmettere una puntata riparatrice dal Direttore della RAI Mauro Masi, che aveva giudicato la prima “poco equilibrata”.
“Viviamo una situazione molto preoccupante”, dice Tabucchi al telefono da Lisbona. “Lei s’immagina Zapatero che censura un programma critico nei confronti del suo Governo? È un mondo alla rovescia. In Italia il primo ministro è proprietario dell’80% dei mezzi di informazione. La UE ha obbligato i paesi dell’Est ad abbandonare le loro leggi comuniste per entrare in Europa e poi permette all’ Italia che il primo ministro controlli la RAI, le televisioni private ed una parte dei giornali. Non è un problema italiano, è europeo. Più della curva delle banane”.
Tabucchi sostiene che la Federazione della Stampa Italiana debba denunciare la RAI al Consiglio d’Europa per abuso di potere. Già nel 2001 Berlusconi cacciò vari professionisti della RAI con il cosiddetto editto bulgaro come se fossero stati suoi impiegati. Nessuno fece niente. Adesso ha minacciato da Vienna di voler attuare “azioni dure” contro i giornalisti, si riunisce a casa sua per nominare i nuovi direttori della RAI e censura i programmi più critici.
È intollerabile, l’informazione in Italia è malata e nessuno muove un dito. In nessun paese europeo succede una cosa del genere. Se un politico spagnolo controllasse per esempio La Vanguardia, El País e sei televisioni, potrebbe essere primo ministro?”.
Lo scrittore si sente “minacciato personalmente” e chiede alla stampa internazionale di presentarsi il 7 maggio a Pisa, dove comparirà di fronte al giudice per difendersi da una citazione a giudizio di Renato Schifani, presidente del Senato italiano. “Mi chiede 1.250.000 euro per un articolo apparso su L’Unità per presunti danni all’immagine” spiega. Schifani è la seconda carica dello Stato italiano, dopo il presidente della Repubblica, e non puó essere processato.
“Lui gode dell’immunità giudiziaria perché il Governo ha approvato una legge, il cosiddetto lodo Alfano, che impedisce di processare le quattro più alte cariche dello Stato. Ed io sono solo perché la denuncia non coinvolge L’Unità. È stata fatta così con lo scopo di intimidire senza che si noti molto, perché non si dica che è contro la Stampa, perché si sappia il meno possibile”.
[Articolo originale di Miguel Mora]

Specchio specchio delle mie brame…
Pubblicato lunedì 13 aprile 2009 in Francia
[Le Monde]

Da un mese, Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio, rettifica tutte le informazioni presenti nei giornali stranieri ritenute offensive per l’Italia e gli Italiani. Il Times, che aveva ironizzato sulla proposta di Silvio Berlusconi il quale consigliava agli sfollati del terremoto di L’Aquila (Abruzzo) di “passare il week-end di Pasqua al mare” si è visto immediatamente richiamato da un comunicato ufficiale, mercoledì 8 aprile. “Se l’inviato speciale britannico fosse stato sul posto, avrebbe potuto verificare la reazione positiva degli sfollati alle parole di conforto (..), dette in tono amabile , per convincere le famiglie a lasciare le tende per recarsi in uno degli hotel della costa che sono messi a loro disposizione”.
Un altro quotidiano britannico, The Guardian, ha avuto a sua volta diritto a delle rimostranze ufficiali per aver scritto che la fusione di Alleanza Nazionale e Forza Italia significava dare vita ad una formazione “postfascista”. Il quotidiano spagnolo El Pais e il settimanle tedesco Der Spiegel, hanno ricevuto una lettera di biasimo dagli ambasciatori italiani in Spagna e Germania. Il primo, per aver scritto che Berlusconi era uno dei leader “più sinistri”, il secondo per aver pubblicato in prima pagina un titolo ritenuto sprezzante nei confronti dell’Italia: “Lo stivale che puzza”.
Suscettibile, Silvio Berlusconi? Si, ma non più degli italiani che rifiutano di riconoscersi allo specchio che porge loro la stampa straniera. Eppure, gli italiani non sono avari di autocritiche. Hanno anche inventato una parola per questo, l’autolesionismo (in italiano nel testo, N.d.T.), per evocare la loro propensione a vedersi come gli ultimi della classe, i negletti dell’Europa. Ma che qualcun’altro lo faccia al loro posto, e subito coloro che si dichiaravano come “abitanti di un paese dove nulla funziona”, inforcano il cavallo dell’orgoglio nazionale. L’attitudine piena di dignità offesa di Silvio Berlusconi che rifiuta l’aiuto della comunità internazionale dopo il dramma di L’Aquila ne è un’illustrazione.
Questa questione dell’identità dell’Italia com’è percepita all’estero è stata anche oggetto di un intervento durante un seminario destinato agli ambasciatori tenutosi a marzo. Invitati dalla Farnesina (il Ministero degli Affari Esteri italiano), il corrispondente del Wall Street Journal e quello di Le Monde sono stati pregati di spiegare come vedono l’Italia ed in che modo ne rendano conto. I due giornalisti si sono trovati concordi nel dire, in termini diplomatici come quelli usati dagli interlocutori, che almeno quattro ostacoli impedivano loro di elogiare quotidianamente la Penisola: la Mafia (e le sue declinazioni locali), l’inefficacia dell’amministrazione e dello Stato in generale, la politica xenofoba esaltata- e talvota messa in atto- dalla Lega Nord e le battute di cattivo gusto di Silvio Berlusconi.
“Noi saremo sempre gli italiani del passato” si è lamentato alcuni giorni fa il quotidiano Il Giornale (proprietà del fratello di Silvio Berlusconi) dopo l’uscita di un articolo sulla stampa straniera riguardante le violenze contro gli stranieri “le vittime dei pregiudizi. Il paese della pizza e del mandolino è diventato il paese dei razzisti”.
L’Istituto Ipsos ha presentato a Siena (Toscana), nel dicembre 2008, a seguito di un colloquio organizzato dalla fondazione Intercultura, un sondaggio qualitativo incentrato sulla percezione della penisola da parte di una dozzina di testate straniere, tra le quali Le Monde, realizzato tra giugno e settembre 2008. Secondo questo studio, solo i temi riguardanti la cultura e il patrimonio portano elogi. Per il resto, l’evocazione della ‘dolce vita’ provoca ‘ironia’. La crisi finanziaria e economica conduce a giudizi “spesso negativi”; l’azione del governo è interpretata con un approccio “critico e severo”. I più indulgenti? La stampa russa ed indiana. I più critici: i giornali francesi ed argentini. Il conclusione, Ipsos spiegava: “Come riuscire a far parlare delle cose belle e positive? Tale è la sfida per il futuro degli Italiani e dell’Italia”
Per la stampa, che preferisce i treni che arrivano in ritardo a quelli che arrivano puntuali, l’Italia è un paradiso. I giornalisti della Penisola, che sono anche una delle fonti di informazione dei corrispondenti stranieri, abbondano di storie di malversazione, di incuria, di corruzione, di crimini mafiosi. Silvio Berlusconi, che possiede più dell’80% del settore televisivo italiano come presidente di Mediaset e del Consiglio, tiene uguamente sott’occhio i giornali. Rimprovera loro di non vedere l’Italia tutta rose e fiori e si lamenta di essere maltrattato, reietto, malgiudicato: « sono tentato di prendere misure dure » nei confronti della stampa, ha dichiarato recentemente .
Il terremoto di L’Aquila gli verrà in aiuto? I quotidiani italiani cominciano a lodare l’energia che ha profuso per rassicurare le vittime e supervisionare l’organizzazione senza errori nei salvataggi. Anche El Pais gli ha consacrato un editoriale lusinghiero. La buona notizia è stata immediatamente comunicata. Perchè questa ci ispiri?
[Articolo originale di Philippe Ridet]

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INTERVeNTI TEMPESTIVI : Abruzzo, il terremoto del 1915 e le baracche dimenticate

Posted by milionidieuro su 21 aprile 2009

In quattromila vivono ancora nelle “casette asismiche” costruite per gli sfollati del sisma di un secolo fa

BALSORANO (L’Aquila) – Niente riscaldamento, niente gabinetto, niente pavimento, la luce quella sì, ma una sola lampadina per un totale di metri quadri 32. Ai genitori di Rosa Margani dissero di portare pazienza, perché quella sarebbe stata una sistemazione provvisoria. Giusto il tempo di ricostruire la loro casa, buttata giù dal terremoto che nel 1915, qui nella Marsica, fece trentamila morti. È passato quasi un secolo ma la signora Rosa, 82 anni, è ancora qui, dentro queste due stanze buie ed umide vicino al castello di Balsorano. Non è la sola. Sono quattromila le persone che in Abruzzo vivono ancora nelle cosiddette casette asismiche, i rifugi costruiti per gli sfollati del terremoto di un secolo fa. Asismiche cioè sicure (per l’epoca) perché ad un solo piano e con il tetto in travi di legno. E provvisorie, anzi «baracche realizzate a titolo precario» come assicurava il decreto firmato l’11 febbraio 1915 dal Re Vittorio Emanuele III.
COME UN ACCAMPAMENTO – Certo, nel corso degli anni molte baracche sono state demolite, quasi sempre sostituite da case popolari. Ma dei circa diecimila esemplari costruiti tra il 1916 e il 1920 ne restano in piedi ancora 1.066 sparsi in 38 comuni, da Avezzano a Balsorano passando per tutta la Conca del Fucino. Tetto spiovente, muri sottili di mattoncini, struttura a castrum romano con le due strade principali che si incrociano al centro, l’immagine è proprio quella di un accampamento. Qualcuno, capendo che la provvisorietà era solo teorica, negli anni ha sistemato le cose ricavando almeno un bagno. Come la signora Angela De Meis che un anno fa ha trasformato la sua baracca di Capistrello in un appartamentino vero e proprio. «Ho messo i termosifoni e adesso vorrei comprare pure la parabola» dice, mentre aspetta di scolare la pasta. La sua vicina di casa, la signora Letizia, si accontenta di una stufa a legna che non ha l’aria di essere proprio a norma. Ma spesso le condizioni sono quelle di un secolo fa e quasi sempre a viverci sono persone anziane.

«NON PENSAVO DI FINIRE A VIVERE COSÌ» – Come il signor Andrea Venditti, 71 anni, tornato nella sua baracca di Balsorano, dopo 30 anni passati a fare il cuoco in Inghilterra: «Davvero non pensavo di finire a vivere così, ma con 500 euro al mese di pensione cosa devo fare?». Ecco, le baracche di un secolo fa almeno sono economiche. Tre euro al mese per ogni stanza, il tutto da pagare al comune. Una somma che non basta a coprire nemmeno per gli interventi urgenti di manutenzione. «Noi le vorremo abbattere – dice Gino Capoccitti, vice sindaco di Balsorano – ma la gente che ci vive dentro dove la mandiamo?». Sono almeno 40 anni che se ne parla. Inutilmente. Nel 1971 per iniziativa del senatore Giuseppe Fracassi, che proprio in una delle casette asismiche era nato, venne approvata la “legge per lo sbaraccamento”. Abbattimento di tutte le casette, sostituzione con edilizia popolare e spazi verdi. Cosa buona e giusta ma rimasta sulla carta perché la legge non è mai stata finanziata davvero. Servirebbero 50 milioni di euro per riqualificare tutte le 1.066 baracche ancora in piedi.

L’ULTIMO STANZIAMENTO E L’ARRESTO DI DEL TURCO – L’ultimo stanziamento, 800 mila euro, era allo studio della giunta regionale quando l’arresto del presidente Ottaviano Del Turco, meno di un anno fa, ha travolto tutto. «Questa gente è costretta a campare in condizioni da terzo mondo», allarga le braccia Marco Riccardi, segretario della federazione marsicana di Rifondazione comunista. Come la signora Rosa, che non dimentica quella promessa fatta ai suoi genitori: questione di mesi, poi avrete la vostra casa. Era un secolo fa.

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California, online tutti i nomi e cognomi degli evasori fiscali

Posted by milionidieuro su 21 aprile 2009

È la nuova linea adottata dal Governatore per far quadrare i conti pubblici e arrestare il fenomeno dilagante

La ricetta antievasione di Arnold Schwarzenegger, ex-Terminator hollywoodiano, prima d’essere eletto Governatore della California: “Giù le tasse, tagliare la spesa pubblica, minore burocrazia e deregolamentare”. Sono trascorsi diversi anni e alla luce dei fatti, soprattutto del dilagare del rosso nei conti dello Stato e del boom inarrestabile dell’evasione, oltre 6 miliardi di dollari l’anno soltanto sul versante delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la nuova linea adottata da Schwarzy per far quadrare i conti e per arrestare la rincorsa dell’evasione ha cambiato look e può essere così riassunta: “Su le tasse, maggiori spese, più regole e, soprattutto, caccia all’evasore”.
Online la delinquent list con i nomi dei grandi evasori
E il Governatore, sconfessando una parte rilevante del suo credo politico iniziale, almeno quello degli esordi, è stato di parola. La prova è contenuta in due atti indicativi della svolta. Il primo legato all’innalzamento, di circa 9 punti percentuali, delle tasse che rientrano nella giurisdizione e nella potestà dello Stato, quindi nulla a che vedere con la tassazione federale. Il secondo, invece, è riscontrabile con la pubblicazione online della dilenquent list con i nomi, gli indirizzi e gli importi evasi dai 250 grandi evasori, talmente autorevoli che all’erario californiano, a conti fatti, mancano all’appello 143milioni di dollari. In media quindi, il tasso d’evasione pro-capite della lista dei big dell’evasione residenti nello Stato è pari, in base a quanto emerge, a circa 600mila dollari, 572mila per l’esattezza. E non si parla di evasione derivante da mancato pagamento di tasse e imposte federali. In quel caso, infatti, il bilancio potrebbe crescere, forse raddoppiare. E comunque, la diffusione sul web della delinquent list fornisce un indicatore utile nello svelare l’irrigidirsi del clima, almeno in California, nei confronti di chi evade tasse e imposte.
Come evitare la gogna online
In realtà, un modo c’è per evitare la gogna su Internet. Il fisco californiano, infatti, invia in anticipo una lettera con raccomandata di ritorno preavvisando il contribuente della futura pubblicazione in rete del suo nome. A questo punto, per dribblare il web l’evasore può: accettare la transazione e pagare, oppure, rateizzare i versamenti, o ancora, spiegare con contorno ricco di dati che la causa prima all’origine del mancato pagamento è il rischio bancarotta che incombe sui suoi bilanci. Se però non si accetta di venire a patti con l’Amministrazione fiscale, la pubblicazione del nome resta garantita.
Qualche nome
Tra le new entry dei volti noti l’oscar dell’evasione spetta all’attore Burt Reynolds, protagonista della stagione hollywoodiana dominata dai volti duri. Una durezza che, a quanto pare, ha mantenuto anche nei riguardi del fisco californiano. In realtà, le somme evase, all’incirca 250mila dollari, sono nel complesso piuttosto modeste. Sul versante, invece, degli addii il primo posto è di O.J. Simpson, mitico numero uno del football in versione stelle e strisce che, quest’anno, esce dalla lista dei grandi evasori. Perché? Semplice, O.J. è già ospite d’una prigione e la cosa rende non percorribile la galleria online degli evasori.
Evasori senza confiniPassando in rassegna i nomi di chi, nel 2009, ha conquistato di diritto, anche se potrebbe suonare come un controsenso, uno spazio nella tax delinquent parade californiana, si coglie subito la multiculturalità della società che risiede in questo angolo del Pianeta. Si inizia, infatti, da Mister Lee, che ha dimenticato di versare al fisco, nel 2002, quasi 10 milioni di dollari, ma chi lo segue non è il classico Mr Smith, al contrario, il vice-campione del trofeo dell’evasore californiano 2009 è tale Mr Lo, d’origini chiaramente orientaleggianti. E non è finita qui, perchè sul gradino del terzo posto siede Mr Zulfiqar, e a seguire Sinmbad e molti altri i cui nomi tradiscono l’origine da terre molto lontane dalle coste che circondano Los Angeles come, per esempio, Mr Hyesung, Mr Hwang, Mr Morgovsky, Mr Mohamad, Mr Vicencio, Mr Nguyen, I Signori Natividad, , Mr Eliopulos, El Senor Marquez, e per finire Mr Casamento, Espinoza e Ferro. In pratica, la geografia del mondo è ben rappresentata.
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