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Archive for the ‘notizie’ Category

Berlusconi impunito

Posted by milionidieuro su 29 Maggio 2009


Articolo di Personaggi d’Italia, pubblicato mercoledì 27 maggio 2009 in Spagna.
[El País]

Il comportamento politico e personale del primo ministro fa perdere credibilità all’Italia

Silvio Berlusconi ha concluso il primo anno del suo terzo mandato. Populista come non mai, Berlusconi continua a dimostrarsi tanto capace di governare per se stesso quanto incapace di pensare alla collettività. Esattamente come quando debuttò in politica, quasi 15 anni fa. Con il passare del tempo ha raggiunto l’unico obiettivo che realmente gli interessava: l’immunità giudiziaria. Nel mezzo di una sinistra inesistente, i sondaggi la danno 15 punti dietro i conservatori, il premier italiano mantiene ad oggi l’appoggio popolare, esercita un controllo ferreo sui media, fa promesse che non rispetterà, e quando lo ritiene opportuno si allea con la Chiesa. Nel complesso, si presenta come una specie di politico fortunatamente dimenticata nell’Europa democratica.

Le ultime decisioni del suo Governo rivelano un aumento inquietante d’impunità morale. Berlusconi ha lasciato che la Lega Nord facesse indisturbata propaganda e seminasse la paura del diverso per criminalizzare gli immigrati, i quali adesso dormono in Libia invece che a Lampedusa.
Inoltre, ha recentemente dato il colpo di grazia alla già precaria indipendenza della televisione pubblica nominando come nuovi dirigenti dei suoi fedeli seguaci. Ha poi risposto all’esemplare sentenza del caso Mills, talmente documentata e inequivocabile che qualunque altro dirigente si sarebbe dimesso all’istante, accusando la giustizia penale di essere “una patologia del sistema”. Berlusconi cerca di assoggettare i giudici per riformare il sistema a suo piacimento, in modo che in Italia sia praticamente impossibile condannare qualcuno per i crimini dei colletti bianchi.

A 72 anni, la fragile relazione del Cavaliere con l’aspirante soubrette Noemi Letizia gli è costata il divorzio ed ha rivelato un clima decadente da basso impero, che persino la Chiesa comincia a criticare. Lo scandalo ha assunto una dimensione politica tale da mettere il leader italiano sulla difensiva. Accusando l’opposizione di strumentalizzare la situazione in concomitanza con le elezioni europee del prossimo mese ed il G8 di luglio, ha annunciato di voler comparire in Parlamento per difendere il proprio nome, senza però precisare quando. Berlusconi, sprezzante delle regole del gioco democratico, ha mentito ripetutamente a proposito della sua relazione con Noemi e si rifiuta di rispondere alle domande elementari che il quotidiano La Repubblica gli ha posto al riguardo. Tutto ciò fa pensare che l’Italia abbia davanti a se 4 (quattro) anni di barzellette e di scarsa credibilità.
[Articolo originale “Berlusconi impune” di Miguel Mora]

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Il re si traveste per smascherare la sanità malata

Posted by milionidieuro su 29 Maggio 2009


GERUSALEMME — Alle 10 di mer­coledì mattina c’è già coda al consul­torio pubblico di Shmeisani, zona ovest di Amman, proprio dietro l’al­bergo Le Meridien. La kefiah biancorossa in testa, una lunga ja­labiya nera, un bastone a simula­re vecchiaia, la barba incolta e ingrigita, un uomo d’una certa età si presenta sottobraccio a un giovane. Si registra allo spor­tello, aspetta il suo turno: «Que­sta è la cartella medica di mia moglie. Si chiama Intisar al-Rashdan, deve fare degli esa­mi urgenti».

L’impiegato dà un’occhiata: «E dov’è la pazien­te? ». «Vive a Irbid. Ma è vecchia, ha problemi di cuore, non può venire». «Va bene, compili questo modulo…». I due si siedono. Scrivono. Annotano anche il numero di carta d’identità della signora Intisar. Riconsegnano il papiro e aspettano. Quindici minuti. Finché l’impiegato non controlla i do­cumenti, richiamandoli: «Ma la vo­stra famiglia non ha un’assicurazio­ne medica, vero?». «No, siamo pove­ra gente…». «Allora dovete salire al primo piano e chiedere della dotto­ressa Fatima Khalifa…». «Ma dobbia­mo rifare la coda?». «Mi spiace…». Il re non è nudo. Ama travestirsi. E smascherare la burocrazia malata. Re Abdallah II di Giordania ha due cose in comune col nostro ministro Brunetta: l’altezza e l’odio per i fannulloni.

Come usava il calif­fo Omar ibn al-Khattab, che si fingeva mendicante per sag­giare la generosità dei suddi­ti, come faceva papà Hus­sein che di nascosto entrava nelle caserme ad assaggiare il rancio dei suoi soldati, sta­volta Sua Maestà voleva con­trollare se è vero che la sani­tà funziona così così, nel re­gno hashemita, e se soltanto i ricchi hanno la possibilità di rice­vere cure adeguate in cliniche pri­vate da settecento euro a notte e perché mai questo consultorio di Sh­meisani rimandi a casa, senza visitar­li, centocinquanta pazienti al giorno.
Abdallah non s’è mascherato molto bene, però: quand’è salito al primo piano, e s’è messo a far domande a chi aspettava in coda, qualcuno l’ha sgamato. Inutile fare «ssssst!…» col dito, im­plorare discrezione. Per tutta la Gior­dania è stato subito un tamtam di sms, la notizia è finita sul web e in poche ore è stata confermata dalla corte reale. Il tutto mentre l’ignara, povera dottoressa Khalifa, che non aveva capito affatto, indifferente e un po’ seccata spiegava al sovrano che «senza pazien­te non si può nulla, l’uni­ca è mandare la documen­tazione al dipartimento centrale che poi chiederà un parere al Royal Divan, per le autorizzazioni, e in­somma tornate fra una set­timana per avere una rispo­sta… ». Realista, il re.

Era da un po’ che non si camuffava: nel ’99 si fe­ce visitare tre volte all’ospedale Al Bashir e poi, finto businessman, an­dò alla frontiera saudita per verifica­re quante mazzette intascassero i do­ganieri. Due anni dopo, assieme al principe Alì, si presentò all’ufficio tasse per chiedere (senza ottenerlo) un rimborso. «Quand’ero erede al tro­no — ha spiegato una volta —, usci­vo a teatro, al supermarket o a fare i picnic con mia moglie. Diventato re, una sera ero a New York e provai ad andare al cinema per vedere Matrix: mi vennero dietro dieci auto, moto, la polizia col lampeggiatore, ventisei agenti… Allora mi dissi: devo fare qualcosa, per tenere il contatto con la realtà». Un po’ c’è riuscito. Sul sito del quotidiano giordano Al arab Al yawm (Arabi oggi), i commenti sono 51.244 e quasi tutti favorevoli. Le sue improvvisate sono diventate l’incu­bo del pubblico impiego giordano: «Mi dicono che, dopo, il servizio mi­gliora… ». I cittadini non avranno an­cora un trattamento da re. Ma, alme­no in quegli uffici, non li considera­no più come sudditi.

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processo civile: Cause civili, riforma in due tempi

Posted by milionidieuro su 28 Maggio 2009


Un doppio binario per il processo civile. Con effetti paradossali nelle aule dei tribunali: nelle stesse ore, nel medesimo tribunale, per due cause sulla stessa materia, si potrà assistere per mesi, se non per anni, all’applicazione di norme diverse e a volte opposte. La fase transitoria dell’applicazione del nuovo processo civile si presenta complessa per magistrati e avvocati, costretti a fare i conti con un pacchetto di novità che cambierà da subito le regole, ma senza cancellare la vecchia disciplina.
La regola base fissata dal disegno di legge approvato definitivamente martedì è l’applicazione delle novità alle controversie introdotte solo dopo l’entrata in vigore della legge. La pubblicazione in «Gazzetta» sarà quindi cruciale. Ad esempio: a partire dal quindicesimo giorno dalla pubblicazione, le cause in materia societaria saranno disciplinate dal rito ordinario, mentre quelle in corso continueranno a essere regolate dal vecchio rito. Una differenza pesante se si tiene conto delle differenze tra le due forme processuali (gli avvocati già puntano a evitare il detestato rito speciale evitando di introdurre una nuova controversia prima del tempo).
Prospettiva analoga per le molte cause sul risarcimento danni per lesioni provocate da incidenti stradali. Oggi si applica ancora il rito del lavoro, mentre il disegno di legge ne prevede la soppressione, conservando però l’applicazione della procedura lavoristica alle liti in corso.
Dovrà aspettare un po’ di tempo per essere sperimentata anche la novità del filtro in Cassazione, che si applicherà solo quando il provvedimento impugnato è stato depositato dopo l’entrata in vigore della legge, o la testimonianza in forma scritta. Spostato in là anche il debutto del processo sommario di cognizione o le sanzioni processuali alle parti che perdono tempo nel giudizio.
Un numero limitato di misure, invece, sarà operativo da subito. A partire dal contenuto delle sentenze, che potrà essere espresso con una succinta esposizione delle ragioni di diritto alla base della decisione, con riferimento ai precedenti giurisprudenziali conformi. Lo stesso vale per il divieto di produrre nuovi documenti in appello o la possibilità di impugnare le sentenze di opposizione alle esecuzioni.
Si dovranno poi attendere i decreti delegati per conoscere le misure che spostano nel tempo i benefici dello sfoltimento dei riti (salvando alcune forme speciali come quella del lavoro, della famiglia o sulla proprietà industriale e i fallimenti) o rilanciano la conciliazione.
Il faticoso slalom tra le regole metterà ulteriormente sotto pressione magistrati e avvocati, costretti a fare i conti con la forza – a volte dirompente – del nuovo, senza poter perdere di vista il passato. Un doppio binario processuale che, almeno nell’immediato, rischia di non fare sentire gli effetti positivi della riforma.

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DIRITTI UMANI: Il mondo siede sopra una bomba a orologeria

Posted by milionidieuro su 28 Maggio 2009

Il mondo siede sopra una bomba a orologeria, la crisi dei diritti umani, che puo’ esplodere in ogni momento, denuncia Amnesty International. L’avvertimento e’ contenuto nel rapporto 2009 sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel quale si evidenzia la necessita’ di una nuova leadership internazionale che s’impegni a contrastare un cammino che sembra inarrestabile, aggravato dalla crisi economica in atto. Il dossier documenta il livello del rispetto dei diritti umani in 157 Paesi del mondo.

Il mondo e’ seduto sopra una bomba a orologeria sociale, politica ed economica, innescata da una crisi dei diritti umani: e’ quanto afferma oggi Amnesty International, presentando a Londra, Roma e in altre capitali il proprio Rapporto annuale 2009, il volume (pubblicato in Italia da EGA Editore) che analizza la situazione dei diritti umani in 157 paesi e territori nell’anno precedente. Le cifre parlano chiaro: limitazioni alla liberta’ di espressione sono state imposte in almeno 81 paesi. Almeno 2390 prigionieri sono stati messi a morte in 25 paesi. Il 78% delle esecuzioni ha avuto luogo nei paesi del G20. Esecuzioni extragiudiziali od omicidi illegali sono stati commessi in oltre 50 paesi. Il 47% di questi crimini e’ stato riscontrato nei paesi del G20. Torture e altre forme di maltrattamento sono state compiute, nel corso degli interrogatori, in circa 80 paesi. Il 79% delle torture e dei maltrattamenti si e’ registrato nei paesi del G20. Processi iniqui sono stati celebrati in circa 50 paesi. Il 47% di essi si e’ svolto nei paesi del G20. Prigionieri sono stati sottoposti a periodi di detenzione prolungata, spesso senza accusa ne’ processo, in circa 90 paesi. Il 74% di queste detenzioni ha avuto luogo nei paesi del G20. E ancora: Persone che chiedevano asilo politico sono state respinte da almeno 27 paesi verso stati in cui sono andate incontro ad arresti, torture e morte. Prigionieri di coscienza sono finiti in carcere in almeno 50 paesi. Sgomberi forzati sono stati eseguiti in almeno 24 paesi. ”Dietro alla crisi economica si cela un’esplosiva crisi dei diritti umani” – ha dichiarato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International nel corso della conferenza stampa di Roma – la recessione ha aggravato le violazioni dei diritti umani, distolto l’attenzione da esse e creato nuovi problemi. Prima, i diritti umani erano messi in secondo piano in nome della sicurezza, ora in nome della crisi economica”.

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Nel pubblico la busta paga cresce di più Aumenti del 47%, il doppio dei privati

Posted by milionidieuro su 19 Maggio 2009


Che i lavoratori italiani siano fra i meno pagati dei Paesi industrializzati, come ora dice anche la classifica dell’Ocse dove occupano soltanto la ventitreesima posizione, non è certamente una novità. I sindacati lo gridano ormai da qualche anno ai quattro venti, e anche il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi lo ripete pressoché a ogni occasione pubblica. Ma i dipendenti pubblici, almeno loro, si possono consolare: stanno recuperando. Secondo uno studio ancora inedito della Confartigianato, fra il 2000 e il 2007 le retribuzioni «per unità di lavoro dipendente» in tutta la pubblica amministrazione sono infatti aumentate del 47,3%.

Non che insegnanti, poliziotti e infermieri siano improvvisamente diventati dei nababbi. In Italia le retribuzioni del pubblico impiego non sono mai state (tranne rari casi) propriamente stratosferiche. Non lo erano nel 2000 e non lo sono ora. Ma difficilmente l’aumento degli ultimi anni potrebbe passare inosservato. Tanto più considerando che i salari italiani, sempre calcolati «per unità di lavoro dipendente», sarebbero cresciuti nel loro complesso durante lo stesso periodo del 23,2%. Meno della metà rispetto alle paghe del settore pubblico. E siccome fra il 2000 e il 2007 l’inflazione ufficiale si è mangiata il 18,6% del potere d’acquisto, ciò significa che a un aumento «reale» di poco più del 4% per tutti i salari avrebbe corrisposto, prendendo per buoni i dati della Confartigianato, un aumento «reale» di quasi il 29% per le retribuzioni pubbliche. Gli stipendi per i 3 milioni 382.341 dipendenti (il 54,3% donne) assorbono il 21,9% della spesa pubblica.

Fra il 2000 e il 2007 il numero dei lavoratori stipendiati nel settore pubblico è salito del 3% mentre la spesa per le retribuzioni lievitava del 32,5%, dieci volte di più. In cifra assoluta, 164,6 miliardi di euro. È il 10,7% del Prodotto interno lordo. Inoltre l’incidenza sul Pil è cresciuta di mezzo punto rispetto al 2000, seguendo una dinamica contraria a quella di altri Paesi europei. In Germania, per esempio, il peso delle retribuzioni pubbliche sul Pil si è ridotto nello stesso periodo dell’1,2%, mentre in Francia, Paese nel quale la pubblica amministrazione ha un ruolo rilevantissimo, la flessione è stata dello 0,6%. I dipendenti pubblici italiani non nuoteranno nell’oro, ma in alcune aree le loro buste paga offrono un contributo economico determinante. La Calabria, per esempio. I dipendenti pubblici calabresi sono il 30,4% di tutti i lavoratori dipendenti della regione. Nella provincia di Catanzaro si arriva al 43,6%, ben oltre il 26,9% di Roma, la città dei ministeri e della politica, superata perfino da Crotone (30,9%), oltre che da Palermo (32,2%), Enna (29,7%), Campobasso (29,4%) e Reggio Calabria (28,7%).

Non molto diversa è la situazione della Campania, dove il «pubblico» retribuisce il 28,1% dei lavoratori dipendenti dell’intera regione, con punte del 31,9% a Napoli. In Valle d’Aosta gli stipendi pubblici sono invece il 29% del totale, nel Molise il 27,4%, in Sicilia il 27%, in Sardegna del 25,4%. Percentuali più che doppie in confronto alla Lombardia, regione nella quale i dipendenti pubblici, pur raggiungendo la cifra più elevata in assoluto (sono 418.598, contro i 406.753 del Lazio, al secondo posto, e i 340.453 della Campania, al terzo) non rappresentano che il 12,6% della forza lavoro stabile. Il livello più basso d’Italia. A Milano sono il 14,4%. A Lodi, il 10,5%. Seguono Lecco (9,8%) e Bergamo (9,6%). La provincia con la minore incidenza di dipendenti pubblici sugli occupati totali è Como: 9,2%.

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Le presenze degli europarlamentari

Posted by milionidieuro su 18 Maggio 2009

Ma quanto si impegnano i parlamentari europei? Lontani dai loro Paesi, non hanno il fiato sul collo dell’opinione pubblica. Almeno finora. Dalla scorsa settimana per sapere che cosa hanno fatto gli eletti a Bruxelles nell’ultima legislatura basta andare sul sito VoteWatch.eu: è una lente d’ingrandimento sulle attività dei parlamentari. Che mostra le presenze in Aula, i discorsi e le richieste per ogni rappresentante europeo. Gli italiani hanno già totalizzato un record: sono i meno presenti alle Assemblee plenarie. Varcano la soglia dell’Europarlamento, in media, sette volte su dieci: il 20 per cento in meno dei virtuosi austriaci, estoni, finlandesi. Per esempio, Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, ha risposto all’appello nel 62 per cento delle occasioni. Massimo D’Alema, invece, nel 61 per cento. Per vedere in dettaglio le attività dei nostri europarlamentari basta cliccare qui, selezionare “Italy” dall’elenco delle nazioni e cliccare su “search”. Gli stacanovisti del Parlamento europeo (100 per cento di presenze) sono tre: la francese Margie Sudre, la greca Manolis Mavrommatis e il rumeno Iosif Matula.

L’idea di VoteWatch è stata lanciata da un giovane team di volontari guidato da Sara Hagemann, consulente dell’European policy center: ha ricevuto finanziamenti da istituzioni pubbliche e private e può contare sul supporto della London School of economics e dell’Università libera di Bruxelles. I dati sono raccolti dai siti web dell’Unione europea. Nelle intenzioni dei fondatori, dopo le prossime elezioni di giugno, Votewatch entrerà in piena attività per controllare gli impegni nelle aule di Bruxelles. Non è l’unico progetto del suo genere: dopo l’elezione di Barack Obama alla Casa Bianca, sono stati proposte iniziative simili per monitorare l’attività dei funzionari pubblici. Durante il periodo di passaggio di consegne da Geroge Bush a Obama, è stato attivo il sito Change.gov. Poi è stato lanciato il portale Recovery.gov per monitorare le destinazioni della spesa pubblica per il salvataggio dell’economia degli Stati Uniti

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STIPENDI: Gli stipendi italiani sono tra i più bassi dei Paesi industrializzati

Posted by milionidieuro su 17 Maggio 2009


Busta paga magra a fine mese: gli italiani incassano ogni anno uno stipendio tra i più bassi dei Paesi Ocse. Con un salario netto di 21.374 dollari, l’Italia si colloca al ventitreesimo posto della classifica dei trenta paesi dell’organizzazione di Parigi. Più pesanti le retribuzioni non solo in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia, ma anche Grecia e Spagna. È quanto risulta dal rapporto Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008 e appena pubblicato. La classifica riguarda il salario netto annuale di un lavoratore senza carichi di famiglia. È calcolato in dollari a parità di potere d’acquisto. Gli italiani guadagnano mediamente il 17 per cento in meno della media Ocse. Salari italiani penalizzati anche se il raffronto viene fatto con la Ue a 15 (27.793 di media) e con la Ue a 19 (24.552).

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EURO: tariffe rincari fino al 44% in sette anni

Posted by milionidieuro su 10 Maggio 2009


L’introduzione dell’euro ha fatto lievitare le tariffe. Gli aumenti più consistenti si sono avuti per il gas (+44,6%) e l’acqua (+ 35,5%), ma è forte l’impennata anche sui rifiuti (+34,8%) e sull’energia elettrica (+33,5%). Lo dice la Cgia di Mestre, secondo la quale a farne le spese sono stati soprattutto i lavoratori autonomi poiché, sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «artigiani, commercianti e liberi professionisti pagano le tariffe due volte, una come cittadini, in relazione alla propria abitazione, e l’altra come titolari di negozi, botteghe e uffici».

Il parametro di riferimento sono le tariffe pubbliche che negli ultimi 7 anni hanno registrato aumenti pesanti. Si scopre così che in testa alla classifica ci sono le tariffe del gas che dal 2002 al marzo 2009 sono aumentate del 44,6%, al secondo posto l’acqua potabile che è cresciuta del 35,5%, seguita dai rifiuti urbani (+34,8%), elettricità (+33,5%), trasporto pubblico locale (+23,2%), autostrade (+21,9%), biglietti ferroviari (+17,7%) e poste (+12,7%). Incrementi superiori a quelli registrati dall’indice generale dell’inflazione che, nel periodo considerato, è stato pari al 15,4%. Solo le tariffe telefoniche (-9%) hanno segnato un decremento. «Se per gas ed energia – dice Bortolussi – gli incrementi sono legati all’aumento dei prezzi petroliferi, è invece difficile giustificare le impennate registrate dai rifiuti e dell’acqua. Gli enti locali dovrebbero dare spiegazioni».

Proprio in riferimento alle tariffe del gas e dell’elettricità, Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, spiega come, in realtà, l’euro abbia protetto l’Italia da rincari potenzialmente più pesanti: «Se non ci fosse stata la moneta unica europea, nel nostro Paese le tariffe del gas e dell’energia sarebbero aumentate ben oltre quanto è accaduto», dice l’esperto. Nell’ultimo anno, rileva infine l’indagine della Cgia, si è registrata una leggera inversione di tendenza, ma l’analisi del periodo 2002-2008 resta gravosa per tutte le famiglie italiane.

«Ipotizzando che i consumi registrati l’anno scorso siano gli stessi del 2002 – conclude Bortolussi – le bollette del gas sono costate 208 euro in più a famiglia, facendo toccare la soglia di spesa media annua registrata nel 2008 pari a 789 euro. L’energia elettrica è costata 145 euro in più portando la spesa media annua del 2008 a 573 euro. Gli aumenti di acqua potabile e rifiuti sono stati rispettivamente di 55 e 57 euro a famiglia».

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Kenya: sciopero del sesso e i politici trattano

Posted by milionidieuro su 9 Maggio 2009


Basta litigare. Niente sesso. In Kenya le associazioni delle donne hanno promosso uno sciopero del sesso di una settimana per protestare contro l’empasse politica in cui versa il loro Paese, diviso da due anni dalle dispute tra il presidente Mwai Kibaki e il primo ministro Raila Odinga. Un primo risultato c’è stato: lunedì scorso il presidente e il primo ministro hanno avuto un faccia a faccia, il primo da tempo. Un incontro condito da strette di mano, dichiarazioni distensive e promesse di impegno. Lo sciopero – che terminerà domani – è un’azione provocatoria, non violenta, per spingere i due leader politici a lavorare insieme. Migliaia di donne hanno aderito alla protesta. Le associazioni femministe hanno invitato a partecipare alla protesta anche le mogli dei due leader: la first lady, Lucy Kibaki, e la moglie del premier, Ida Odinga che ha aderito allo stop del sesso con il marito.

«Il boicottaggio – spiega Carole Ageng’O, direttore del Tomorrow child iniziative – serve per protestare contro l’immobilismo dei due leader. Per chiedere a Kibaki e Odinga di farsi davvero carico del Paese e dei suoi problemi». L’iniziativa è sostenuta da diversi gruppi civili kenyani raggruppati sotto la sigla Gender 10. Gruppi come la Federazione delle donne avvocato (Fida), il Centro per il diritto all”istruzione (Creaw) .

Nonostante le promesse dei due leader, le donne kenyane, al grido di slogan come «il futuro è nelle nostre mani» hanno già fatto sapere che continueranno a lottare. Con nuove forme di protesta, da giovedì, dal giorno dopo la fine dello sciopero, e a vigilare per spingere i due leader a muoversi da loro immobilismo. Venerdì le donne kenyane hanno presentato ai lititgiosi premier e capo di stato un DOCUMENTO che spiega, punto per punto, nero su bianco, cosa si attendono da loro. Al primo punto c’è la credibilità delle istituzioni. Poi l’invito ad avere una «leadership visionaria» che pensi ai problemi della gente. E, soprattutto, l’invito ad operare per il ritorno della sicurezza.

Nel 2007 le violenze interetniche scoppiate dopo le elezioni presidenziali a causa della rivalità tra i due leader hanno provocato 1.500 morti e 300 mila profughi. Allora, proprio la rivalità tra Kibaki e Odinga era sfociata nel sangue sparso dai sostenitori divisi, come ora, dalla politica e dall’appartenenza a due diverse etnie.

Il sesso in Africa è stato già usato come arma di protesta. Durante i 14 lunghi anni di guerra civile in Liberia a un certo punto si arrivà a una tregua, grazie un piccolo gruppo di donne che dichiararono un analogo “sex strike” nei confronti dei loro uomini, che in quel caso erano i potenti “war lords”, i signori della guerra che muovevano le fila della guerra civile.

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LATTE MELAMINA: RESPONSABILI CINA PROMOSSI A INCARICHI PIU’ IMPORTANTI

Posted by milionidieuro su 9 Maggio 2009


Erano state promesse punizioni esemplari e invece i responsabili dei mancati controlli in Cina sul latte alla melamina sono stati semplicemente sostituiti o addirittura promossi. Lo scrive l’agenzia dei missionari AsiaNews, raccontando il caso di Bao Junkai, ex vice direttore per la sanita’ alimentare che era stato sollevato dall’importante incarico. A marzo aveva subito un procedimento disciplinare, ma ora e’ tornato in servizio, promosso a un incarico piu’ importante. Il ChinaDaily ha riferito che un episodio analogo si e’ verificato nel caso di Liu Daqun, ex direttore del dipartimento Agricoltura in Hebei dove aveva sede la Sanlu, la societa’ ritenuta responsabile della contaminazione. Anche Liu aveva ricevuto una dura ”reprimenda” a marzo: ora e’ sindaco e vicesegretario del Partito a Xingtai, citta’ dell’Hebei. Lo scandalo del latte alla melamina, una sostanza usata per i prodotti plastici ma velenosa per l’uomo, utilizzata per ”truccare” il livello di proteine nel latte in polvere, era scoppiata lo scorso settembre. In base ai dai ufficiali sono morti almeno sei neonati ed altri 300 mila hanno dovuto far ricorso a cure mediche.

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