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Poveretti e furbetti

Posted by milionidieuro su 19 Maggio 2009


Il terremoto dell’Aquila ha mostrato la propensione al furto di massa, la partecipazione di massa a stragi premeditate pur di guadagnare sulla costruzione, sull’affitto, sulla manutenzione delle case

Qual è la regola di vita italiana dominante e perenne? Detta alla brutta: tirare a campare e, se si può, rubarci sopra. Il terremoto in Abruzzo dopo i terremoti millenari in Sicilia, Calabria, Molise, Marche, Emilia Romagna e su su fino al Friuli lo confermano, nell’insieme, nei particolari e anche nelle eccezioni virtuose. Il baccano polemico che si è fatto su alcuni resoconti della carta stampata e della televisione non cambia di una virgola la regola eterna che è di piangere sul latte versato. Versato da noi italiani sordi a ogni avvertimento, prevenzione, lezione della geografia, dell?economia e della storia. Una correità di massa, una complicità totale, un fatalismo che passa di generazione in generazione che ha trovato persino una sua immagine falsa e retorica, lo ‘stellone d’Italia?, la fortuna che ci protegge, sempre smentita dalle successive catastrofi, sempre coperta da una retorica plebea, dalle rituali consolazioni clericali, con il porporato di turno che esorta e corregge a disastro avvenuto. Un quadro impietoso ma ampiamente documentato, il 30 per cento delle case dell’Aquila oggi è inagibile, dicono i tecnici. Che significa ? Che una casa su tre è stata costruita con un progetto sbagliato, con materiale scadente, o addirittura con il nulla, con il vuoto. La definizione dei colpevoli grandi e piccoli, di solito affidata a commissioni d’inchiesta che non vogliono o non possono indagare, è in realtà notissima: la colpa è di tutti o quasi tutti. Il capo del governo lo ha dichiarato a suo modo: «Nel disastro non c’è stato dolo». Cioè tutti colpevoli. Nessun colpevole. Tutto si può dire del terremoto abruzzese ma non che sia stato una sorpresa. Anche un bambino con gli occhi bendati potrebbe puntare il suo ditino su uno qualunque dei borghi dell?Italia sismica, cioè appenninica e carnica, stretta tra le masse in movimento africane ed europee e dire: «Prima o poi qui». Fin qui, come dice Silvio, nessun dolo. Ma con i progetti sbagliati, i materiali scadenti, il cemento fatto con la sabbia marina come la mettiamo? Perché c’è questa propensione al furto di massa, questa partecipazione di massa a stragi premeditate, perché pur vivendo sopra faglie e voragini la società nel suo complesso ha corso il rischio della catastrofe pur di guadagnare sulla costruzione o sull’affitto o sulla manutenzione delle case? Prendersela con la televisione per un resoconto critico o con la Protezione civile, che ancora una volta ha dato prova di essere uno dei pochi servizi pubblici funzionanti, e tacere sulle complicità o sul fatalismo di massa è cosa priva di senso e perciò largamente da noi praticata. E allora diciamo una buona volta che come società nazionale siamo ancora dei poveri, con il modo di pensare dei poveri: tiriamo a campare del doman non c’è certezza?, la prevenzione costa troppo, spartiamoci quel poco che c’è, se i più furbi rubano in grande, noi approfittiamo degli avanzi del loro banchetto. Questo modo di essere, di pensare è antico quanto il nostro Paese e forse la storia può in parte spiegarlo. Basta girarlo, questo Paese: quasi tutte le sue città, i suoi borghi, stanno in cima a una rupe o a un colle, fortificati contro il continuo passar di nemici. La nostra solidarietà non è per tempi di pace, ma dopo un sacco del nemico. Ma questo divagare per la storia è anche un modo di consolarci. Con i terremoti che continuano.

FONTE: L’ESPRESSO DI GIORGIO BOCCA

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